di Ramona Elena Matei


Questo blog è nato dal mio grande desiderio di condividere con voi alcuni brani, da me tradotti, estratti da opere letterarie romene nonché di poesie di autori romeni contemporanei. Fra i tanti poeti e narratori che arricchirono con le loro metafore la cultura romena del ventesimo secolo ho scelto, per adesso, Marin Sorescu, Ana Blandiana, Lucian Blaga, Geo Bogza e Octavian Paler.

La traduzione di una poesia è, purtroppo, un compito molto delicato... Per quanto bella possa sembrare una traduzione, raramente sarà in grado di regalare l'emozione che si prova nel leggere il testo originale. Non per niente il traduttore viene spesso considerato un... traditore! E può darsi che sia giusto così: che la poesia, l'anima stessa di un popolo, la sua parte più profonda, pura ed essenziale, rimanga inaccessibile agli altri, che a cogliere le sue infinite sfumature sia concesso soltanto al popolo che l’ha creata.

Grazie e buona lettura...




Friday, February 10, 2012

DOVREMMO
di Ana Blandiana

Dovremmo nascere vecchi,
Saggi,

In grado di decidere il nostro destino nel mondo,

Sapere quali strade partono dal bivio primordiale

E che di innocente sia solo la voglia di camminare.

Per poi diventare via via più giovani, camminando,

Maturi e forti raggiungere la porta della creazione,

Oltrepassarla e inoltrarsi nell'amore adolescenti,

Essere bambini alla nascita dei nostri figli.

Che allora sarebbero comunque più vecchi di noi,

Ci insegnerebbero a parlare, ci cullerebbero per farci addormentare,

Noi scompariremmo sempre di più, diventando sempre più piccoli,

Come un chicco d’uva, come un chicco di caffè, come un chicco di grano…


IL TERMOMETRO 
di Ana Blandiana

“L’importante è non perdere le staffe”,  

Sentivo sempre,

E immaginavo le staffe come delle palline di mercurio

Irrequieti, difficili da controllare,

e sempre pronte a smarrirsi,

E che mi sarebbe piaciuto

Raccogliere in un’unica bolla scintillante,

Come avevo fatto una volta

Quando si era rotto il termometro,

E avevo raccolto nel palmo

Il suo sangue argenteo.

Mi ero addormentata allora – mi ricordo –

Cercando disperatamente di prendere sonno,

Stringendo il pugno con ostinazione

Attorno al nocciolo vivo,

Mentre sentivo

Le parole ansiose degli adulti:

Non dobbiamo perdere le staffe…


SENZA DI TE
di Ana Blandiana

Senza di te ho freddo, 
Non ho mai capito
Come fa l’aria
Ad avvertire la tua partenza.

L’universo si contrae
Come un pallone scoppiato
Deponendo i suoi stracci freddi su di me.
Il cane nero
Sdraiato delicatamente con la pancia sulla neve
Si alza e si allontana
Fissandomi negli occhi,
Rifiutando di dire il suo nome.
Incomincia a fioccare.
Mi brucia la pelle
Nel luogo in cui ti sei strappato da me.

E ho freddo,
Quando sento come cade morbida,
Insieme alla neve,
Anche questa preghiera rivolta a nessuno.


UN ALTRO PASSO
di Ana Blandiana

Sono così poche le cose che so fare,

Né pesche come i peschi,

Né uva come le viti,

Nemmeno noci,

Come gli alberi dall’ombra amara

E dal fruscio delicato,

Una sola cosa so fare

Con straordinaria perizia:

So morire.


Non mi vanto,

So morire come in pochi lo sanno fare–

Prima mi copro di silenzio,

Poi di deserto

E in questo modo parto lentamente, un passo,

Un altro passo, e un altro ancora,

Fino a quando di me non rimane altro

Che la voce

Posata sontuosamente

Nella bara di un libro.


Non mi vanto,

Credetemi, so morire

E so, soprattutto, risuscitare,

Ma questo è, chiaramente,

Molto più facile. 


MI SONO STANCATA
di Ana Blandiana

Mi sono stancata di rinascere da un’idea,

Mi sono stancata di non morire –

Ho scelto una foglia,

Dalla quale rinascerò,

A sua immagine e somiglianza, lentamente

La sua fresca linfa penetrerà il mio corpo

Mentre le nervature fungeranno da fragili reliquie;

Da essa imparerò a tremare, a crescere,

E scintillare per il dolore,

Poi imparerò a staccarmi dal ramo

Come si stacca una parola dalle labbra.

In quel modo innocente

In cui

Muoiono

Le foglie.

UN TEMPO GLI ALBERI AVEVANO OCCHI
di Ana Blandiana

Un tempo gli alberi avevano occhi,

Lo posso giurare,

So di sicuro

Che vedevo quand’ero albero.


Ricordo che mi stupivano

Le strane ali degli uccelli

Che mi passavano davanti,

Ma se gli uccelli sospettassero

I miei occhi

Questo non ricordo.

Invano cerco gli occhi degli alberi ora.

Forse non li vedo più

Perché non sono più un albero.

O perché sono calati lungo le radici

Dentro la terra.

O magari

Chissà

Sarà sembrato solo a me

E gli alberi erano ciechi sin dal inizio…

Ma allora perché

Quando mi avvicino a loro

Sento come

Mi seguono con lo sguardo,

In un modo a me conosciuto,

Perché, quando stormiscono e battono

Le loro mille palpebre,

Ho voglia di gridare –

Cosa avete visto?...

No comments:

Post a Comment